Fusione di società: rapporto di concambio ed effetto diluizione
Chi intraprende un processo di fusione aziendale deve tener conto, durante l’iter, della determinazione dei valori economici delle singole imprese coinvolte. Materia centrale del procedimento, infatti, è il cosiddetto rapporto di concambio. Di cosa si tratta? Cosa genera?
Il rapporto di concambio (detto anche di cambio) rappresenta il valore assegnato alle partecipazioni della nuova società, frutto della fusione. Una volta stabilito tale valore, i soci sapranno quante azioni o quote riceveranno in sostituzione di quelle che possedevano prima della fusione. È un dato importante e decisamente essenziale per gli azionisti: sarà sulla base dell’importo delle nuove quote che decideranno se l’operazione di fusione risulta conveniente o meno.
Diluizione della quota di partecipazione
I soci delle aziende coinvolte possono trarre un vantaggio reale solo dal rapporto di concambio. La fusione, infatti, genera la diluizione della quota di partecipazione. In parole povere, gli azionisti, a seguito dell’operazione, vedranno diminuire la percentuale delle proprie quote. Ciò comporterà la riduzione dei loro diritti patrimoniali e amministrativi all’interno della nuova impresa.
Facciamo un esempio:
Le società A e B sono impegnate in un processo di fusione. Se A vale 100, B vale 300 e un socio della prima ha una quota del 20%, a fine operazione il valore totale dell’azienda sarà di 400 e il socio avrà una nuova quota pari al 5%.
Senza dubbio l’azionista si ritroverà in un contesto più grande e con maggiori opportunità di business, ma il declassamento della sua partecipazione sarà incisivo.
Incrementare la quota per riportarla al valore originale sarà quasi impossibile. Cosa succede, invece, alla quota del socio appartenente a B, la società patrimonialmente più forte?
Se, supponendo, possiede il 30% del capitale dell’azienda, a fusione avvenuta la sua quota scenderà al 22,50%. È una diluizione più ragionevole in virtù del fatto che B ha un valore maggiore.
Accrescere il valore dell’impresa di appartenenza
Va da sé che è di grande interesse, per gli azionisti di entrambe le aziende, esaltare il più possibile la valenza economica delle società di appartenenza. Maggiore sarà il valore di un’impresa rispetto all’altra o alle altre (se la fusione avviene fra più di due), minore sarà l’effetto della diluizione sulle partecipazioni originarie.
In ogni modo, perché nessuno resti esageratamente “a bocca asciutta”, possono essere creati dei benefici compensativi per i soci che vedranno snellire la loro quota. Parliamo di eventuali partecipazioni al CDA oppure concessioni di opzioni put a buon prezzo. Succede anche che alcuni soci di minoranza, in previsione del fenomeno di diluizione, stipulino fra loro dei patti parasociali per accrescere la rilevanza delle singole partecipazioni.
Chi è immune alla diluizione?
Fra gli azionisti, tuttavia, qualcuno può evitare la riduzione della sua quota.
Si tratta del socio che:
- possiede partecipazioni nelle due società, quando queste sono paritetiche;
- possiede una partecipazione prevalente sull’altra perché appartenente all’impresa con maggior valore.
L’azionista, in questo caso, non registra alcuna forma di diluizione. Al contrario, rischia di più la riduzione della partecipazione chi, prima della fusione, possedeva la quota di controllo nella società (quindi esprimeva la maggiore valutazione economica). Ciò, infatti, gli dava un certo potere: ad esempio poteva nominare l’intero consiglio di amministrazione.
Termina qui il nostro approfondimento sul rapporto di concambio e l’effetto diluizione. Se hai bisogno di una consulenza sul processo di fusione aziendale, o sei alla ricerca di una società da fondere alla tua, possiamo aiutarti. Chiamaci adesso.