La sentenza n. 24972 del 6 dicembre 2016 della Corte di Cassazione ha offerto interessanti nuovi spunti sull’interpretazione della definizione di trasferimento d’azienda; Infatti la stessa ha affermato che il concetto di trasferimento di azienda non è solo subordinato al passaggio del personale dipendente ma anche a un insieme di beni d’importante entità.
L’art. 2555 del codice civile definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Per trasferimento d’azienda s’intende un’operazione volta al cambiamento della titolarità della stessa. Tale negozio giuridico può avvenire principalmente in due modi: in via definitiva tramite la vendita della stessa; in via temporanea con l’affitto d’azienda; si giunge allo stesso risultato anche attraverso un atto unilaterale quale la donazione o con la fusione di più realtà societarie.
Il sistema di norme che disciplina il trasferimento d’azienda mira a favorire la conservazione dell’unità economica della stessa in modo che non si disperdano risorse e know out già acquisiti. Infatti, la collettività ha notevole interesse nel mantenimento della funzionalità ed efficienza economica di ogni realtà presente sul territorio. E’ nell’art. 2112 del codice civile che si da una più chiara definizione di cosa sia il trasferimento d’azienda; in particolare la parte conclusiva del comma 5 prevede che possa essere trasferita anche parte di un’azienda “intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata”.
Infatti, nel momento in cui si decide di intraprendere questa strada vi saranno in essere sempre numerosi rapporti di tipo contrattuale da prendere in considerazione. Per questo motivo il legislatore, derogando alle norme di natura comune e dando la precedenza al mantenimento dell’unità economica dell’azienda, ha previsto un subingresso generalizzato dell’acquirente nei contratti aziendali. Non fanno eccezione i contratti riguardanti il personale dipendente.
Sempre nell’art.2112 del codice civile, che è intitolato “mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda”, si elencano le tutele dei dipendenti nel caso di trasferimento d’azienda poiché “il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”.
Negli anni precedenti la sentenza n.24972 del 6 dicembre del 2016 della Corte di Cassazione molto si è dibattuto su quanto siano stringenti i confini operativi e legali di un trasferimento d’azienda; la giurisprudenza ha spesso aperto verso una grande dilatazione della nozione della stessa, estendendola anche al solo trasferimento di parte del personale dipendente.
In particolare la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha definito il trasferimento d’azienda come il semplice mutamento di soggetti nello svolgimento di un’attività, senza che ci sia necessariamente anche il passaggio di fattori ed elementi patrimoniali materiali o immateriali, ma comunque con il mantenimento “di un’entità economica”. Tale concetto è stato poi meglio chiarito nella Direttiva 98/50 del 29 giugno 1998 e inglobato nella vecchia Direttiva 77/187 del 14 febbraio 1977.
Il D.lgs. 276/2003 nell’articolo 29 comma 3 dichiara poi che “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, non costituisce il trasferimento d’aziende o di parte d’azienda”; per potersi configurare un trasferimento di azienda devono sempre sussistere “elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa”. Molti esperti hanno visto in questo decreto un’aperta contrapposizione all’interpretazione della Corte di giustizia Europea e la conseguente direttiva comunitaria che ne ha recepito l’intenzione.
Nel 2013 poi sempre la Cassazione aveva nuovamente dilatato la nozione di trasferimento di azienda comprendendovi anche la cessione di un solo gruppo stabilmente e organicamente organizzato di dipendenti, operanti in autonomia e dotati di particolari competenze (Cassazione 5678/2013).
Il dibattito è stato quindi incentrato per anni sullo stabilire se la mancanza o meno di beni materiali e immateriali pregiudichi il riconoscimento del negozio del trasferimento di azienda.
Il caso discusso nella sentenza n.24972 del 6 dicembre 2016 della Corte di Cassazione riguarda il ricorso di alcuni lavoratori di una cooperativa che si occupava della gestione parcheggi comunali a Viterbo. La cooperativa aveva operato il licenziamento di tutti i suoi dipendenti in quanto, a seguito della mancata aggiudicazione di una gara di appalto indetta dal Comune di Viterbo, aveva cessato l’attività.
La richiesta dei dipendenti è stata quella di essere integrati nella S.r.l. vincitrice del suddetto appalto in quanto, sempre secondo i richiedenti, sarebbe intercorso un trasferimento di azienda e pertanto i diritti dei lavoratori dovevano essere tutelati in forza all’art.2112 del codice civile.
Il primo grado aveva dato ragione ai lavoratori mentre la Corte di Appello di Roma aveva rigettato le loro richieste. I dipendenti si sono quindi rivolti alla Corte di Cassazione.
La sentenza della Corte di Cassazione conferma quanto espresso dalla Corte di Appello di Roma dando ancora torto ai dipendenti della cooperativa, e ripropone la non applicabilità dell’art.2112 del codice civile poiché in questo specifico caso non si poteva applicare la definizione di trasferimento d’azienda.
Per arrivare a questa conclusione La Corte ha ripreso in mano e chiarito cosa si deve intendere per trasferimento d’azienda.
Partendo dalla tradizionale definizione di azienda contenuta nel già citato articolo 2555 del codice civile, dove la stessa è identificata come “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, la Corte ha posto l’accento sulla parte materiale dell’organizzazione aziendale.
Infatti, sempre nella sentenza si ribadisce che “se un’azienda può comprendere anche bene immateriali, nondimeno è ben difficile che possa ridursi solo ad essi, giacché la stessa nozione di azienda contenuta nell’art. 2555 c.c. evoca pur sempre la necessità anche di beni materiali organizzati tra loro in funzione dell’esercizio dell’impresa (Cassazione 9957/2014), organizzazione di fatto impraticabile in caso di strutture fisiche di trascurabile entità o mancanti del tutto, giacché organizzare significa coordinare tra loro i fattori della produzione (capitale, beni naturali e lavoro) e non uno solo”.
Anche altre sentenze della Corte in anni precedenti, pronunciate in materia di appalti hanno affermato che per l’applicabilità dell’articolo 2112 del codice civile deve avvenire non soltanto il passaggio della titolarità d’impresa ma anche l’avvicendamento di “beni di non trascurabile entità e tali da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa”.
In poche parole la Cassazione ha ribadito quanto già espresso nel D.Lgs 276 del 2003 ovvero che “l’acquisizione del solo personale dipendente già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda”. Ha inoltre espresso la coerenza di quanto indicato nel decreto con la Direttiva Europea 50 del 29 giugno 1998 che modifica la Direttiva Europea 187 del 14 febbraio 1977. Infatti, la Corte di Cassazione riporta in sentenza quanto affermato in anni precedenti dalla Corte di Giustizia Europea ovvero che il termine “conservi” nella direttiva “implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento”.
In definitiva la sentenza n.24972 del 6 dicembre 2016 della Corte di Cassazione ha affermato che la nullità dei licenziamenti all’origine del contenzioso non sussiste in quanto “tale diritto non esiste perché non risulta che vi sia stato un trasferimento d’azienda riconducibile alla nozione di cui all’articolo 2112 c.c. tra Cooperativa (OMISSIS) e S.r.l. (OMISSIS)”. Infatti “il mero passaggio di dipendenti dal precedente appaltatore al nuovo subentrato nell’appalto medesimo non è automatico né forma oggetto di diritto acquisito in capo ai lavoratori del vecchio appaltatore, non esistendo alcuna norma che lo stabilisca”.
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