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Anni fa quotare in Borsa una società era un’operazione più laboriosa. Oggi, per fortuna, i tempi si sono ridotti in tutti i mercati: ci vogliono circa 120 giorni, contando dalla riunione in cui il lancio diventa ufficiale. Abbreviazioni e semplificazioni invogliano sicuramente gli imprenditori a giocare questa carta. Una volta viste le specificità di classificazioni e consulenze, approfondiamo le fasi dell’operazione.
La Initial Public Offering (altrimenti detta IPO), ovvero quel percorso che conduce al debutto di un’azienda nel mondo delle azioni, oggi può avvenire in maniera piuttosto rapida (quattro mesi dall’ufficializzazione), sebbene consti di varie fasi che vanno comunque rispettate. Conosciamole meglio.
Il CdA (Consiglio di Amministrazione) riceve dai manager la proposta per debuttare sul mercato: un progetto comprensivo di un dettagliato studio di fattibilità, in modo che i rischi siano calcolati. Se la richiesta è accettata, si passa a effettuare un assemblea ordinaria, che diventa straordinaria se l’operazione finanziaria comporta aggiunte di capitale. Una volta che si ottiene la necessaria delibera da queste riunioni, si “eleggono” gli esperti: consulente legale, sponsor, revisori ed eventuali altre figure competenti.
Una volta scelti tutti gli elementi del team, li si raduna attorno a un tavolo con il management. In quest’occasione si stabiliscono i passaggi salienti dell’IPO, prevedendo i tempi e assegnando gli incarichi specifici a ogni membro.
Due diligence: garanzie legali ed economico-finanziarie
È compito dei consulenti e degli sponsor scandagliare l’azienda, allo scopo di valutare le sue potenzialità, la fattibilità progettuale, i valori delle azioni. Una fase, quella della due diligence (approfondita in questo articolo), durante la quale si documentano gli incontri del consiglio e dell’assemblea. Inoltre, si comincia a mettere per iscritto il piano economico.
Quando la due diligence è stata eseguita, lo sponsor, insieme allo staff manageriale e agli avvocati, redige il prospetto informativo, ovvero il documento ufficiale. Le direttive da seguire sono fornite da Consob. Qui si trovano notizie sull’impresa e sulla sua offerta, sul suo stato finanziario, sulle sue capacità, strategie, ambizioni, rappresentanti, concorrenzialità. Ulteriori aspetti da evidenziare riguardano i dipendenti, i clienti, chi si occupa delle forniture, gli istituti di credito. Inoltre, non bisogna trascurare le informazioni sui contratti: i potenziali investitori devono rendersi conto che il lavoro di analisi che c’è dietro questi rapporti è accurato e affidabile. Pure la sollecitazione e i mezzi con i quali viene effettuata sono oggetto del documento. È ancora la Consob a essere preposta per il rilascio del nulla osta per la pubblicazione.
Non oltre due mesi dopo la presentazione della domanda, compilata e corredata secondo le relative istruzioni contenute nel regolamento, Borsa Italiana respinge o ammette – previa apposita comunicazione – la sua decisione in merito alla quotazione di una società. La comunicazione di tale delibera viene fatta anche alla Consob, naturalmente; comunque è pubblicata tramite avviso. Un’ufficialità che vale per un semestre, entro il quale sempre la Consob deve depositare il prospetto di quotazione. Se si aspira a entrare nel circuito STAR, inoltre, la qualifica va rilasciata a sua volta entro questo periodo.
Queste indagini, i cui risultati sono per l’appunto esposti senza possibilità di fraintendimento, aiutano a far comprendere agli investitori il valore di un’impresa e il suo posizionamento. In pratica, la relazione contribuisce alla diramazione del cosiddetto investment case sui titoli. Ciò dà luogo al momentum, cosicché gli esperti possano formulare il proprio parere sulle azioni in procinto di “debuttare”. Insomma, si tratta di un’operazione di pre-marketing (termine sul quale stiamo per soffermarci), dotata di ogni dettaglio sulla società e sui suoi affari, con tanto di spiegazioni sul tipo di offerta e sui metodi di valutazione impiegati. In fin dei conti, è la fonte più attendibile per le previsioni economiche.
Uno degli sponsor solitamente riveste pure il ruolo di global co-ordinator. Si occupa di adunare altre banche allo scopo di mettere insieme delle cosiddette dichiarazioni d’interesse. Esse provengono perlopiù dai brokers, oppure sono istituzionali. Servono a stabilire, in un secondo momento, quante azioni emettere e in che modo allocarle fra gli investitori.
Dal consorzio di collocamento provengono gli analisti che hanno il compito di “chiacchierare” con coloro che intendono fare degli investimenti. Questi incontri occorrono a presentare l’impresa e la ricerca che la riguarda, in modo che si possa ipotizzare un intervallo preliminare di prezzo per l’Initial Public Offering. Le banche cercano candidati da incontrare uno alla volta nell’arco di questo passaggio, che rappresenta pure il momento migliore per i futuri sostenitori per manifestare eventuali perplessità, nonché per cominciare a prendere confidenza con l’azienda.
Ecco la fase – per la quale si spendono parecchie energie – che aiuta ad accrescere l’interesse intorno ai titoli all’esordio. Del roadshow si fanno carico i vertici del management della società, che organizzano delle presentazioni nei centri nevralgici della finanza internazionale, dove vengono così illustrate le caratteristiche dell’impresa e il suo modus operandi. In un contesto del genere è possibile anche pianificare dei faccia a faccia con ciascun investitore istituzionale. Parliamo sostanzialmente di una dimostrazione fattiva della propria serietà: una maniera per dimostrare l’impegno, la regolarità, e innescando di conseguenza un rapporto fiducioso, con ricadute immediate sul prezzo dell’offerta e, quindi, sull’immagazzinamento di capitali.
Siamo arrivati a un’altra tappa cruciale del processo. Il bookbuilding conduce a fissare il prezzo massimo dei titoli per gli investitori istituzionali. Sono loro che comunicano al book runner la quantità di azioni che vorrebbero comprare e la cifra che intendono pagare. È così, a seconda del numero di ordini e del loro valore, si possono desumere un costo vero e proprio e le proporzioni del collocamento.
Per ottenere finalmente una “tariffa”, si passa attraverso una paio di fasi. La prima è appannaggio dell’assemblea: se viene approvato un possibile aumento di capitale, bisogna decidere quale deve essere l’intervallo preliminare di prezzo (ridimensionabile, in prossimità del lancio, da parte del consiglio amministrativo); esso sarà comunque “comodo”, sì da contenere i sempre imprevedibili sbalzi del mercato. La seconda e correlata al bookbuilding: in base ai risultati che ne sono emersi, si estrapola il prezzo per lanciare l’Offerta Pubblica di Vendita (e Sottoscrizione), ovvero OPV(S), se l’offerta è effettivamente soltanto pubblica; nel caso in cui quest’ultima sia a prezzo aperto si ricava un “tetto” da non superare.
E visto che l’abbiamo nominata, soffermiamoci sull’OPV(S). I consorzi di collocamento, o meglio i loro componenti, mediante le azioni assegnate loro, si preoccupano, in due giorni, di curare l’offerta al pubblico detto indistinto. Non oltre cinque giorni dopo la conclusione dell’OPV, il Monte Titoli deve incassare le azioni. Pagate, ovviamente.
L’andazzo dell’operazione si può intendere già dal primo giorno, quello in cui ufficialmente le negoziazioni pendono il via. È allora che prende forma, finalmente, il prezzo di mercato, ed è anche un utile termometro per capire qual è l’effettivo interesse di operatori ed esperti nei confronti del titolo e della società. Se la credibilità ottenuta dovesse risultare insufficiente, sarà necessario intervenire, benché nel medio periodo seguente – un mese circa – il valore tenda, dopo qualche oscillazione, a stabilizzarsi. Nel frattempo il consorzio può agire sul mercato finanziario per fornire un po’ di sostegno, magari grazie all’uso dell’opzione greenshoe (qualora sia contemplata dall’offerta), alla quale talvolta si ricorre all’opposto, per fronteggiare un incremento della domanda.
Nel prossimo articolo vedremo che ruolo specifico ha la Borsa in tutto ciò. Continua a seguirci!
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