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L’IVA nelle cessioni di azienda

Quando avviene una cessione di azienda, parziale o totale, si parla di un contratto che attesta il trasferimento di un bene o di un complesso di beni da un soggetto a un altro. Questi beni devono essere comunque essere considerati idonei per il proseguimento dell’attività di impresa.

Si può ben comprendere come ad un atto così importante corrispondano scadenze e procedure da rispettare in maniera rigorosa e precisa al fine soprattutto di evitare complicazioni future.
Per prima cosa l’atto di cessione deve essere registrato entro 20 giorni, mentre entro un periodo di 30 giorni quello di trasferimento deve essere iscritto nel registro delle imprese.

Uno degli aspetti che rischiava di creare maggiori grattacapi alle parti chiamate in causa in una di queste operazioni di trasferimento era quello legato all’alternatività tra imposta di registro ed IVA; i possibili disguidi derivanti da interpretazioni multiformi di questo aspetto sono stati chiariti il 10 febbraio 2016 dalla sentenza della Cassazione n.2636, riferita al dPR n.131 del 1986, art. 20, secondo cui ”l’imposta è applicata secondo gli effetti giuridici degli atti registrati e secondo la sua intrinseca natura, anche nei casi in cui manca una corrispondenza tra forma apparente e titolo”.

Si deve dunque privilegiare la componente imponibile, con la causa reale che ha assoluta preminenza sull’assetto cartolare (riferimenti: “Cass. n. 14900/2001; n. 10660/2003; n. 11457/05; n. 10740/2013; n. 19752/2013; n. 1955/2015”). Praticamente vengono rilevati gli interessi perseguiti dai contraenti a livello personale (“Cass. 1405/2013; 23584/2012; 10273/2007; 10660/2003; 2713/2002”).
L’atto viene collegato non come documento ma come oggetto di negozio, con un’imposta di registro commisurabile ad atti di contenuto economico e comprensivi di indici di capacità contributiva (“Cass. 4 maggio 2009, n. 10180”).

Il chiarimento di questo aspetto viene anche sottoposto al contratto di cessione d’azienda, con riferimento al dPR n.131 del 1986, art.51, comma 4 che evidenza come l’azienda debba essere concepita in questi casi come oggetti unitario della vicenda unitaria e/o traslativa in termini di realtà economica.
Vi è quindi la necessità di commisurare l’importo dei tributi al valore dei beni che compongono l’impresa in termini complessivi.
La cessione d’azienda è un’operazione che deve essere ritenuta esente da applicazione IVA. Questa decisione è prevista in dall’originaria introduzione dell’IVA nell’ordinamento tributario italiano e mira ad eliminare quelle naturali difficoltà che nascerebbero nel caso di operazione assoggettate a questa imposta indiretta in sede di trasferimento del complesso aziendale.

Nel caso in cui si dovesse effettuare il calcolo della base imponibile IVA andrebbero infatti considerati i soli elementi materiali costituenti il ramo aziendale o l’azienda ceduti, senza considerare crediti o debiti trasferiti né la parte di corrispettivo riferibile all’avviamento.
Un ulteriore ma non meno importante fattore che ha determinato la decisione di escludere l’IVA dal campo di applicazione in fase di cessione di azienda è che si tratta di una facilitazione che non costituisce alcun tipo di svantaggio per l’Erario.

Se si considerasse infatti come viene comunemente applicata l’IVA da una parte c’è un cedente che dovrebbe versare l’IVA a debito al cessionario, mentre dall’altra parte quest’ultimo dovrebbe detrarre la stessa imposta da liquidare nei confronti del cedente.
Alla fine quindi l’operazione risulterebbe completamente indifferente per l’erario, senza svantaggi o vantaggi.

In definitiva vige in questo caso il cosiddetto principio di continuazione, con i beni inclusi nel trasferimento che mantengono il regime applicato a monte nel caso di operazioni straordinarie come, appunto una cessione o trasferimento parziale o totale di azienda.
All’interno del decreto IVA l’art. 19-bis2, comma 7 stabilisce che il contribuente deve tassativamente tenere conto delle detrazioni applicate dal soggetto cedente l’attività e del loro relativo regime.

Il risvolto di questa disposizione è che l’Amministrazione finanziaria dovrebbe pure agire utilizzando lo stesso identico approccio, riconoscendo al cessionario l’esenzione fiscale sui beni ceduti se non era stata effettuata alcuna detrazione su di essi in precedenza.
L’Agenzia delle Entrate inoltre considera le cessioni di beni a titolo oneroso rilevanti ai fini IVA se si tratta di voci su cui non sia stata operata alcuna detrazione e non si sia verificata la rivalsa dell’imposta.

Sulla cessione d’azienda viene quindi applicata l’imposta di registro che viene calcolata in base al negozio giuridico effettuato e che richiede l’interpretazione unitaria dello stesso, anche se suddivisa in parti distinte.
La necessità di verificare un’eventuale configurazione di un comportamento unico ed unitario rispetto ai risultati strumentali e parziali porta quindi alla prevalenza della sostanza rispetto alla forma della questione.
È chiaro che il singolo o i molteplici atti relativi all’attività ceduta vengano sottoposti ad imposta di registro, considerando la natura dell’effetto giuridico finale.

Si deve peraltro considerare che questa disciplina è conforme e coerente a quella prevista a livello comunitario, pur considerando una nozione ampia di azienda in base a quello che viene stabilito dall’art.5, numero 8 relativo alla sesta direttiva IVA.
Si tratta di un atto che è stato riprodotto all’interno della direttiva 2006/112/CE nell’articolo 19, prevedendo che in una situazione di cessione totale o parziale di un’impresa da un soggetto a un altro gli Stati membri devono valutare l’intera operazione come non avvenuta, considerando il beneficiario come continuazione fisica del cedente.

Di conseguenza il trasferimento di un ramo aziendale o di un’intera azienda è da mettere al pari del trasferimento complessivo di beni materiali ed immateriali che insieme costituiscono un’impresa (“Corte giust. 10 novembre 2011, C-444/10, Cristel Schriever”).

Grazie per la fiducia!
Redazione

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